Le abitazioni agli inizi del 900 – Parte 1^

Abitazioni rustiche
In genere le abitazioni rustiche solevano distinguersi in temporanee e stabili.
Al primo gruppo apparteneva “u pagghiaru “: specie di capanna costruita nei punti più alti dei campi di frumento o dei vigneti e abitata solamente nel periodo della mietitura o della vendemmia.
Il pagliaio costituiva la forma primigenia dell’architettura rurale o meglio rustica della Sicilia: era quasi sempre una abitazione provvisoria. In genere era rotondo a forma di cono, costruito con 6 o 8 assi di legno piantati nel terreno e uniti nella parte superiore in un sol punto.
La forma circolare del pagliaio era caratterizzata da una struttura nella quale non vi era nessuna separazione fra la parete e il tetto, nel senso che il tetto partiva dal suolo.
Vi era una sola apertura d’entrata senza porta; e dei fori, che permettevano al contadino di rendersi conto di quanto poteva avvenire nella proprietà.
Un altro tipo aveva, in più, una base di pietra alta circa un metro: cosa che rendeva ” u pagghiaru ” più stabile e duraturo. L’ampiezza interna poteva variare dai due o quattro metri quadrati di base, mentre l’altezza non superava i tre metri.
Un tipo di abitazione rustica che poteva essere considerata, per la sua durata, temporanea o stabile era la ” casotta ” a un solo vano. Aveva una forma quadrata o rettangolare con tetto spiovente coperto di tegole.
La sua ampiezza poteva variare dai 25 ai 40 metri quadrati. I muri erano di pietra e senza calce. Aveva una sola apertura di entrata a cui si accompagnava talvolta una finestra a destra o a sinistra.
L’interno, solo in poche, era rustico: nella maggior parte era intonacato.
Nella parte opposta alla porta vi era costruito, a circa due metri da suolo, ” u menzanottu “: su pilastri di legno, fermati al suolo, poggiava un pavimento pure di legno a cui si accedeva mediante una scala. In esso vi erano le casse ove si conservavano: frumento, legumi, frutta etc. per l’inverno, Quando la famiglia era numerosa serviva pure come stanza da letto. Essendo la casa formata di un solo vaio tutti i più piccoli spazi erano valorizzati al massimo.

Così dalle travi della soffitta si vedeva pendere uva, mele, pere, granturco etc…; non mancava talvolta la salsiccia o il salame.
Il mobilio era costituito da qualche tavolo, chiamato “buffetta “, in genere a forma rettangolare con due cassetti ove si conservavano le stoviglie; d’alcune sedie : le più comuni erano dette ” furrizzi “, perché formate da ferule intrecciate in modo da dare una piccola panca quadrata; dal letto matrimoniale: su sostegni di ferro, ” i trispuri “, poggiavano alcune tavole su cui erano distesi i materassi, spesso ripiene di foglie secche di granoturco. Nello stesso letto si coricavano oltre il padre e la madre anche i figli sino all’età di 10 -12 anni. Sotto il letto, in casse o recipienti vari, veniva conservata la biancheria sporca o pulita. I vestiti nuovi erano invece appesi in un angolo della stanza ad un pezzo di spago e coperti da qualche lenzuolo.

Non mancava ” u stipu ” specie di armadio ove si conservavano i piatti, il pane etc….
In un angolo della stanza c’era il forno, sotto il quale si conservava la legna e la brace spenta. Alle pareti, al posto dei quadri, erano appesi: ” a conca, u cunchieri, a mailla, a pira”. Non mancava tra i piedi “a quartara” (brocca) e ” u rinari “.
Se c’erano animali da cortile questi il giorno stavano fuori, la notte venivano introdotti nella stessa “casotta ” . A tal proposito scrive il Salomone: “e sotto la mangiatoia vi era uno spazio dove la sera venivano chiuse le galline, mentre il maiale era imbucato nello spazio sotto al forno” . Il Salomone giunge addirittura ad affermare: “che il contadino introduceva nella sua stanza il mulo o l’asino durante la notte”. Questa tesi contrastava con le abitudini del contadino randazzese che preferiva lasciare “la cavalcatura” (mulo o asino) nella “pagghiera” anziché dormire accanto.